Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne. Interpreti: Idir Ben Addi, Olivier Bonnaud, Myriem Akheddiou, Victoria Bluck, Claire Bodson – Titolo originale: Le Jeune Ahmed – Drammatico – durata 84 min. – Belgio 2019

🌕🌕🌕🌗 (voto: 3,5 su 5)

Ahmed ha 13 anni ed è entrato nella spirale dell’integralismo musulmano grazie all’indottrinamento di un imam che, tra le altre cose, gli ripete che la sua insegnante di lingua araba, anch’essa musulmana, è un’apostata. Ne L’età giovane, ultima opera dei fratelli Dardenne, non è più la miseria a farla da padrone, come in Rosetta e L’enfant, ma l’intolleranza religiosa.

I due fratelli belgi (è in Belgio che si svolge anche la vicenda del protagonista) senza mai retorica, effetti speciali e colonna sonora, rimangono sempre e solo instancabilmente appiccicati al corpo del ragazzo, alla sua irrequietezza fisica, che ne denota una spirituale talmente potente da comandare tutti i suoi movimenti, atteggiamenti, pensieri e azioni.

Mentre il titolo italiano cerca di generalizzare la storia, il titolo originale, Le jeune Ahmed, fissa l’individuo, circoscrive il protagonista come mondo particolare di riferimento. Rimane in entrambi il riferimento alla gioventù, la grande età dei cambiamenti. Ma Ahmed cambia davvero nel corso del film?

Premio per la miglior regia a Cannes 2019, i Dardenne percorrono la strada di un’intera carriera dedicata al perfezionamento di una forma di cinema di apparente semplicità (come poteva accadere nella “Nouvelle Vague”), fatta invece di precise posizioni dello sguardo, camera a mano, ossessione registica sul protagonista, tempi dilatati e azioni quotidiane ripetute, assenza di musica, per restituire una profonda ricerca dell’essenza individuale, dell’uomo come uomo di carne, prima che di spirito. C’è la loro impronta pure nel finale, un finale spezzato, aperto, al pari di quello, indimenticabile, di Rosetta: forse davanti alla paura della morte siamo tutti uguali?

A cura di Massimo Arrigoni